venerdì 4 giugno 2010

Quando la pubblicità diventa leggenda: Nike VS Adidas

Il mondo della pubblicità ha sempre profondamente diviso chiunque si è approcciato allo studio della materia. Da un lato, ci troviamo di fronte ad una forma di comunicazione finalizzata alla conquista del pubblico, alla sua seduzione, perfino al suo totale controllo secondo le letture più pessimiste. Dall’altro, in alcuni casi, abbiamo sotto agli occhi delle vere e proprie opere d’arte, forme espressive complete e mature, degne di essere paragonate a film e cortometraggi. Per prendere atto di questa doppia anima basta guardare una qualsiasi interruzione pubblicitaria in tv: vedremo alternarsi sullo schermo pacchianate senza senso e piccoli capolavori d’inventiva, filmati senza capo né coda e vere e proprie narrazioni in movimento, patetici spot a base di insulsi testimoniali e video capaci di emozionare. Purtroppo – vuoi per le imperscrutabili logiche del marketing, vuoi per lo scarso impegno di chi le pubblicità le concepisce – il gruppo che sembra maggioritario è anche quello artisticamente meno rilevante: il che, ovviamente, non va a beneficio dell’immagine di questa particolare (e moderna) forma comunicativa.
Se però dovessi citare i nomi di un paio di aziende che, stando a quanto mi ricordo, si sono sempre contraddistinte per la qualità dei loro spot, direi Nike ed Adidas. I due colossi dell’abbigliamento sportivo hanno dato vita negli ultimi anni a una vera e propria battaglia commerciale: essendo i due competitors più rilevanti all’interno del loro particolare settore, ben presto questa sfida si è estesa a tutti i terreni possibili; pubblicità in primis. Tutto ciò ha finito col dare vita a una serie di stereotipi e temi ricorrenti, che sta facendo scuola e ha creato una vera e propria sub-cultura. Proviamo a tracciarne i tratti fondamentali, partendo dall’ultimo arrivato.

Da un paio di settimane circola sul web (e in tv, ma in versione ridotta) il nuovo spot della Nike. Intitolato Write the future, si tratta di fatto di un piccolo cortometraggio: un video della durata di tre minuti circa, incentrato sulle vicende di cinque calciatori e corredato da un comparto tecnico di tutto rispetto. L’idea alla base dello spot è molto semplice: durante una partita (ma in realtà durante diverse partite) alcuni celebri giocatori di calcio – Drogba, Cannavaro, Rooney, Ronaldinho e Cristiano Ronaldo – immaginano come sarà il futuro in seguito al risultato della partita stessa, e assaporano quello che può essere il loro personale impatto sulla Storia. Lo spunto, all’apparenza non molto originale, è però geniale per il contesto nel quale viene realizzato: lo spot pubblicitario.
Nell’arco di tre minuti, i creativi assunti dalla Nike sono riusciti a calare perfettamente i protagonisti nella giusta atmosfera, illustrando con pochi, significativi e iperbolici flashforward quello che il futuro potrebbero loro riservare. E se la famigliola italiana che guarda Bobby Solo al Festival di Sanremo mentre aspetta che si cuocia la pasta, ai nostri occhi, può risultare fastidiosamente stereotipata, mi sembrano veramente geniali le sequenze che hanno per protagonista Rooney (dapprima costretto a vivere in una campo nomadi, poi, al volgere della fortuna, incoronato baronetto dalla regina e trionfatore in una partita di ping-pong contro il campione di tennis Federer ) o Ronaldo (cui viene intitolato uno stadio, fa una comparsata nei Simpsons e diventa ispirazione per un film con Gael García Bernal).
Il tutto con regia, montaggio e musica all’altezza della situazione, come se si trattasse di una produzione cinematografica: e la cosa appare ancora più sconcertante, se si pensa che la versione integrale del video sarà vista solo su Internet, essendo irriproducibile in un contesto frenetico come quello televisivo. Ovvio: produzioni del genere sono possibili solo con grandi budget (che si vedono tutti, tanto nei nomi coinvolti quanto nella spettacolarità delle scene). Ma, prima ancora, sono possibili solo se qualcuno le pensa. Quindi, complimenti all’agenzia che l’ha realizzata.

In ogni caso, questo spot mi sembra un esempio perfetto di quanto dicevo prima. A mio avviso, infatti, lo scontro pubblicitario fra Nike e Adidas ha avuto fra i suoi effetti quello di creare un humus comune a tutte le pubblicità di questo tipo. Nello specifico, ritengo che in definitiva siano emersi tre aspetti sopra tutti gli altri.
Il primo mi piace chiamarlo “epicità”, una parola con cui intendo diverse cose, non tutte necessariamente presenti nello stesso tempo, ma comunque strettamente correlate le una alle altre. Dovendo riassumerle in un elenco, mi limito ai concetti fondamentali: spettacolarità, conflittualità, e un pizzico di leggenda. In tal senso, le pubblicità in questione esaltano lo sport come il moderno tempio dell’epica. Ecco dunque che ogni incontro diventa una battaglia, i giocatori sono eroi dotati di caratteristiche sovraumane, ed ogni cosa è esagerata. Da parte sua, il comparto tecnico mette in campo tutti gli stereotipi stilistici del caso: la telecamera non sta ferma un attimo, il montaggio è incalzante, la musica (spesso sinfonie classiche) è adeguatamente spettacolare.
Il secondo rispecchia invece una dimensione più valoriale. Questa seconda tipologia di pubblicità non punta alla spettacolarizzazione dello sport, ma salta direttamente ai suoi valori ultimi, alle motivazioni e ai sentimenti che spingono gli atleti a lottare fino in fondo e ad andare oltre i limiti umani. Qui il rischio di inciampare nella retorica è molto alto, ma per questo motivo il risultato è anche più gratificante: realizzare una buona pubblicità, enfatizzando questo aspetto, è da veri artisti.
Il terzo è in un certo senso trasversale, dal momento che non forma proprio una categoria a sé: si tratta dell’ironia e della leggerezza. Può sembrare in contraddizione con i due concetti fin qui espressi, eppure il contrasto è solo apparente: ogni situazione è smorzata con una dose più o meno massiccia di ironia, in modo da far emergere quello che è l’aspetto propriamente ludico dello sport. Ecco dunque che, per quanto cruenti possano essere gli scontri di gioco, ci sarà sempre qualche elemento che porterà lo spettatore a farsi una risata, magari amara.
A mio parere – e almeno a giudicare dalla loro produzione recente – mi sembra che Nike abbia un certo vantaggio nella prima categoria, Adidas nella seconda, mentre la terza è quella che ancora non vede emergere nessuno dei due contendenti. Ma, visto che in questo caso le parole non contano molto, vediamo qualche esempio concreto.

Nike ha sempre puntato sul gran dispiego di talenti per i suoi spot; e spesso ha catapultato questi eroi dei nostri tempi in situazioni spettacolari e violente. Dal momento che in Europa il calcio va per la maggiore, di solito i protagonisti dei filmati sono proprio i calciatori.
Uno spot che rimanda immediatamente all’epica risale agli anni ’90, e vede alcuni dei più forti giocatori dell’epoca (l’Italia è rappresentata da un Malidini più capellone che mai) coalizzarsi contro un’armata di calciatori demoniaci e decisamente poco sportivi, in una partita decisiva giocata all’interno del Colosseo (!). Lo spot è quasi pacchiano, nonché vagamente inquietante, ma è abbastanza spettacolare e decisamente violento: rispecchia in pieno i canoni della proto-epica precedentemente richiamati.
Nel 2000, Nike puntò invece sulla fantascienza per lo spot The Mission. Un manipolo di calciatori (questa volta tocca a Totti difendere i nostri colori) viene assoldato per una pericolosa missione: recuperare un pallone da un palazzo difeso da un esercito di robot. Stavolta il tono è meno epico rispetto al passato, e si tende a valorizzare maggiormente le giocate spettacolari dei protagonisti; il che, tuttavia, non impedisce la realizzazione di una gratuita esplosione finale.
In tempi più recenti, per lo stesso filone, Nike ha proposto la campagna La gabbia. Ventiquattro calciatori si sfidano in un torneo senza esclusione di colpi, in cui vince semplicemente chi segna per primo. Anche qui grande spazio viene lasciato alle giocate, ma il tutto comincia ad essere stemperato da una gran dose di ironia (con i calciatori che sono i primi a prendersi in giro, e sembrano divertirsi da matti). Bella però la cura dell’ambientazione, una nave mercantile arrugginita e decadente, che contribuisce non poco all’atmosfera dello spot.
Infine, sempre da Nike, può essere iscritto a questa categoria anche il nuovissimo Write the future. Il tema è sempre lo stesso – lo scontro fra avversari, la spettacolarità delle immagini – e si può notare come l’azienda continui a puntare sull’ironia come adeguato complemento della componente epica.

Adidas, invece, sembra essersi specializzate nell’esaltazione dei valori sportivi. Spesso i suoi spot sono caratterizzati dalla voce fuori campo – totalmente assente in quelli della controparte – che recita battute molto forti sotto il profilo emotivo; ad affiancare l’audio ci sono immagini reali, spesso di repertorio, che testimoniano il lato più vero dello sport, e che sono ben lontane dalle giocate dei campioni Nike. Probabilmente, Adidas è avvantaggiata in questa categoria perché possiede lo slogan più immortale di tutti i tempi: “Impossible is nothing”. È una frase potentissima, adattabile a qualsiasi contesto e a qualsiasi sport, e soprattutto senza tempo: ci sarà sempre qualcuno che penserà una cosa del genere.
Ecco spiegato perché Adidas punta tutto sull’emotività. Come dimostrano due spot (qui e qui) incentrati sulla figura del leggendario pugile Muhammad Alì, che interagisce con altri campioni dello sport tramite fotomontaggi. Ma ancora di più lo testimoniano i tanti piccoli cortometraggi animati che raccontano le storie di altrettanti campioni dello sport: storie incredibili, ma tutte vere, che possono essere ricondotte allo storico slogan dell’azienda.

Certo, questa è più che altro una generalizzazione, che non ha alcuna pretesa esaustiva. Anche perché le eccezioni esistono, e sono sicuramente rilevanti. Il caso vuole, infatti, che quelle che giudico la migliore pubblicità “epica” e la migliore pubblicità “valoriale” siano in realtà dell’azienda opposta a quella che ha la leadership del settore. Quindi, nonostante Nike spadroneggi nella spettacolarizzazione, Adidas ha creato una pubblicità memorabile con questo spot epico di assoluta bellezza, in cui calciatori di tutte le latitudini si sfidano in una battaglia campale (con tanto di bandiere, feriti, barellieri, arpie, presenze inquietanti e citazione artistica nel ralenti finale). Viceversa, nonostante Adidas sia campione nel tirare fuori i sentimenti di tutti noi, Nike ha realizzato uno spot davvero emozionante in occasione dei giochi olimpici del 2008: intitolato Everything you need is already inside, è una raccolta di decine di frame di atleti di ogni disciplina, con una celebre canzone dei The Killers in sottofondo; qualcosa di unico ed emozionante, punto e basta.

Resta da svelare la terza categoria, quella che ho definito “dell’ironia”. Forse è un’espressione impropria, ma è esattamente quello che mi hanno trasmesso questi spot. Si tratta forse delle pubblicità in cui i creativi si sono sbizzarriti di più, creando filmati divertenti ma soprattutto originali. Citerò soltanto tre esempi, piuttosto recenti.
Un paio di anni fa, Nike propose una pubblicità televisiva molto innovativa nell’ambito della campagna Take it to the newxt level: il video mostrava l’intera carriera di un calciatore, dal campetto di periferia alla nazionale, passando per l’Arsenal. La cosa straordinaria era che il punto di vista era quello del calciatore stesso: nel senso che l’intero spot era girato in prima persona, come se gli occhi degli spettatori fossero quelli del protagonista.
Sempre da Nike, una pubblicità molto divertente è quella che mette in scena una partita tra Brasile e Portogallo. Prima ancora di scendere in campo, però, i due team cominceranno a darsi battaglia a suon di colpi di classe, mettendo a soqquadro l’intero stadio: fino a che un tackle dell’arbitro riporterà la calma sul terreno di gioco.
In tempi recenti, Adidas ha proposto lo spot Josè +10. Protagonisti sono due bambini ispanici che si apprestano a giocare una partitella in un cortile. Dopo il canonico pari o dispari, arriva il momento di scegliere i compagni di squadra: e i due cominceranno a chiamare al proprio fianco i grandi campioni del calcio mondiale. Assolutamente geniale.

Al di là dell’analisi e della veloce carrellata sugli spot di queste due grandi aziende, resta da chiarire un ultimo dettaglio. Non notate niente di strano in tutte queste pubblicità? Beh, qualcosa di anomalo c’è, e si trova in ogni singolo spot esaminato in queste righe. Quelle che abbiamo appena visto sono pubblicità: quindi ci si aspetterebbe – come minimo – che sponsorizzino un prodotto. E invece niente di niente. Certo, il logo Nike o Adidas è onnipresente e ben visibile su ogni indumento, eppure non c’è un prodotto che emerge sugli altri, un qualcosa da promuovere. O meglio, c’è ma non si vede.
Quello che questi spot pubblicizzano è il brand stesso, ovvero lo swoosh Nike e le tre bande Adidas. Non mirano a vendere un prodotto, ma soltanto a consolidare l’immagine dell’azienda. Forse queste campagne pubblicitarie sono uno degli esempi più lampanti di quello che la pubblicità è diventata oggi: non più (ma sarebbe più giusto dire: non soltanto) uno strumento per vendere, ma anche un modo per creare un atteggiamento positivo nei confronti della marca e del brand. Per usare dei paroloni e darsi un po’ un tono, possiamo affermare che queste pubblicità producono brand awarness. Il primo obiettivo resta sicuramente quello commerciale; ma sta prendendo piede sempre di più una dimensione suggestiva, con finalità diverse e più sottili.
Lasciando queste riflessioni agli uomini di marketing, noi comuni mortali possiamo consolarci con il meglio di questa produzione: ovvero una serie di spot memorabili, che nella loro diversità si sforzano di raccontare i molteplici aspetti dello sport odierno. Ognuno è libero di scegliere fra lo stile Nike e quello Adidas: questa competizione, in ultima analisi, fa bene soprattutto a noi spettatori.

Luigi

6 commenti:

  1. Sono d'accordo con tutto quello che hai scritto ed effettivamente erano cose alle quali non avevo mai pensato! (mi riferisco in particolare al fatto che queste pubblicità, al contrario di tutte le altre, non pubblicizzino un prodotto concreto) ma si sa: tra i due sei tu l'esperto del settore.
    Da parte mia ho sempre trovato molto affascinante il lavoro del pubblicitario, soprattutto nel momento del brain storming. Credo che la caratteristica più importante per uno che fa questo mestiere non possa che essere l'originalità, la capacità di inventarsi qualcosa di sorprendente anche per pubblicizzare qualche pomata per i piedi o prodotti per lavare le auto. Forse Nike e Adidas (e molte altre compagnie importanti a livello nazionale, come per esempio quelle dei gestori telefonici) hanno messo da parte questo aspetto e hanno preferito sfruttare la popolarità di calciatori e testimonial famosi, sicuri di far leva sul sentimento di emulazione che la maggior parte di noi ha nei confronti di questi personaggi di successo.

    Luigi mi sta distraendo e non riesco a finire il commento come si deve. Vi aggiungo i link di alcune pubblicità che a me sono piaciute particolarmente, vediamo che mi dite:

    http://www.youtube.com/watch?v=6Uz7BjhKEmA
    http://www.youtube.com/watch?v=b8JkzYFFYPs
    http://www.youtube.com/watch?v=LBT8dehgIpc&feature=related

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  2. Si, l'idea che mi sono fatto io è che sicuramente serve tanta cratività per fare il pubblicitario. Il brain storming, poi, è una cosa incredibile: si mettono insieme decine e decine di idee diverse, spesso assurde, e se ne cava fuori qualcosa di buono. Sembra quasi impossibile che funzioni, eppure è così. D'altra parte, pare che sia anche un lavoro molto frustrante: c'è un detto in quel mondo che dice che le pubblicità più belle sono quelle che non sono mai nate, perché non capite o non apprezzate da chi le aveva commissionate.

    La pubblicità Heineken non l'avevo mai vista, ed è troppo forte. Quella del "Buonaseeeraaa" è generalmente considerata una cattiva pubblicità, perché ce la ricordiamo tutti ma solo in pochi sanno qual è la marca pubblicizzata (e questo è un fallimento). Quella Telecom invece è carina.

    Personalmente, ritengo che alcune delle più belle pubblicità di sempre le abbia commissionate la Swatch negli anni '90. Mi riferisco in particolare a queste due:

    "How long is a Swatch minute?" (http://www.youtube.com/watch?v=rPa7mrtNEYE)
    "Time is what you make of it" (http://www.youtube.com/watch?v=lFChqjNNH5k&feature=related)

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  3. Per quanto riguarda l'articolo a me lo stile Adidas mi ha sempre attirato di più. La gabbia della Nike è forse la pubblicità che ho più impressa nella mente tra quelle citate. Non sono molto esperto del settore (anzi non lo sono per niente) ma secondo me il fatto che le due aziende pubblicizzino se stesse, in cerca del consenso, ha riflessi più che altro inquietante. Tipo, se in questo secolo dovesse emergere un confronto tra la "religione della Nike" e la "religione dell'Adidas" quelli della nostra generazione sarebbero sicuramente degli esaltati. Lo so che detto così sembra una cosa assurda. Ma c'è la Storia che mi informa che qualcosa di simile è già accaduto con gli ideali politici nelle loro forme più deteriori...
    Per quanto riguarda le pubblicità, quella che io considero in assoluto la più bella (la ritengo proprio un capolavoro artistico)è questa: http://www.youtube.com/watch?v=ZrJaQIycDmY

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  4. Anche io in realtà preferisco lo stile Adidas: più che altro trovo che quello Nike a volte sia fin troppo eccessivo (anche se spesso hanno dei veri tocchi di genio)

    Mmm... Non so se ci sono possibilità per scenari così inquietanti come quello da te descritto, però sta di fatto che negli ultimi tempi sempre più aziende stanno adottando questo approccio. C'è bisogno di emergere dall'arena competitiva, così ognuno cerca di distinguersi come meglio può, connotando il proprio brand di caratteristiche uniche.

    La pubblicità delle Mentos a me non è mai piaciuta, mi spiace...

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  5. ciao luigi eccomi finalmente...
    è un articolo fantastico dovresti farne di più di questo genere e poi magari riunirli in una raccolta.
    Buona l'analisi mi sono sentito molto coinvolto perchè (nn so se tiziana te lo ha detto) anche io ho trattato adidas e nike in cina e il discorso che fai tu (per altro molto azzeccato) applicato alla realtà cinese produce degli effetti indesiderati che hanno messo a dura prova questi due colossi.
    Personalmente preferisco lo stile Adidas che, secondo me, è vincente rispetto a quello Nike che tende ad essere sempre molto "cafone" in tutti gli spot (scusami il tecnicismo). E' una bella lotta, entrambe sono leader di mercato e proprio per questo, come tu spieghi bene, hanno puntato su un diverso approccio comunicativo col pubblico.
    Ti segnalo l'ultimo spot Adidas che secondo me è una vera perla... una sfilza di personaggioni famosi da scoprire nascosti nell'underground di un'America che vuole riscoprirsi ancora giovane http://www.youtube.com/watch?v=Qxc8__HjtCA (vediamo se li trovi tutti)
    Infine ti segnalo anche http://adsoftheworld.com/ per controllare i nomi delle agenzie e le produzioni che queste hanno alle spalle :)
    a presto. grande!

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  6. Ti ringrazio per i complimenti, Gabriele.
    No, non sapevo che nella tesi avevi trattato esplicitamente Nike e Adidas. Gli effetti di cui parli di che tipo sono? Intendi effetti indesiderati sulle vendite oppure sulla percezione che i cinesi hanno del brand?

    Concordo pienamente quando dici che a volte la Nike tende ad essere "cafona" (termine azzeccatissimo!). Però devo ammettere che a volte le loro pubblicità hanno delle trovate davvero incredibili!
    L'ultimo dell'Adidas lo avevo solo intravisto. L'idea è buona, e mi piace come punta sull'atmosfera underground. Solo che, personalmente, preferisco gli spot emozionanti e magari anche un po' retorici che celebrano lo sport... Mmm: io ho trovato solo Beckham, gli Oasis e una che credo sia Megan Fox. Qualcuno ne vede più di me?

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